Eccomi di nuovo in Italia dopo tre mesi in terra africana! Difficile raccontare in poche parole tutte le emozioni provate, le immagini viste, le esperienze vissute, le parole ascoltate. Sono stati tre mesi intensi e coinvolgenti! Novanta giorni in un paese in cui la guerra sta stravolgendo vite e desertificando aree nel nord e nel centro, duemilacentosessanta ore in una città definita la Bella Addormentata perché sembra non rendersi conto di tutto ciò che le succede intorno. A Bamako infatti i giorni trascorrono tranquilli, le persone vivono nella semplicità e nell'essenzialità, accogliendo con un sorriso persone che come me decidono di fermarsi per qualche tempo con loro.
In questo difficile ma speciale contesto ho avuto l’opportunità, grazie all'associazione UnAltroMondo, di realizzare un progetto in una scuola dell’infanzia lavorando a stretto contatto con le insegnanti del luogo: ogni mattina affiancavo le maestre durante l’orario scolastico e il pomeriggio proponevo ai bambini di cinque, sei anni dei laboratori di arte, scienze, lettura e musica.
È stata una sfida quotidiana in cui mi sono dovuta mettere in gioco abbandonando la mentalità occidentale per cercare di trovare delle strategie di collaborazione con le maestre. Ci separavano diverse abitudini, diverso tipo di istruzione, diverso modo di approcciarsi all'educazione eppure siamo riuscite a lavorare insieme ottenendo ottimi risultati.
Non dimenticherò mai i volti entusiasti dei bambini davanti alle proposte nuove che facevo loro, ma ancor di più rimarrà indelebile nella mia mente l’entusiasmo di alcune maestre nell'aver sperimentato qualcosa di diverso, creativo e sperimentale. Ed io cosa ho imparato da loro? Mi hanno ricordato quanto sia importante il non aver sempre fretta di fare e di concludere, il saper attendere con serenità, il rispettare i tempi dei bambini, l’apprezzare l’essenzialità. Nella nostra società corriamo corriamo corriamo, siamo bombardati da mille stimoli, siamo super carichi di impegni e rischiamo di perderci il bello del quotidiano, la semplicità dei piccoli gesti. Da milanese frenetica inizialmente ho fatto fatica ad abituarmici eppure poi sono riuscita ad apprezzarne il valore… quante volte ci limitiamo a fare ciò che dobbiamo, ciò che produce dei risultati, ciò che ci rende efficienti.
In Africa ho potuto riflettere sull'importanza delle relazioni: se incontri nella stessa giornata per tre volte una persona per tre volte le darai la mano e le chiederai come sta, come sta sua padre, sua madre, i suoi figli… Per loro questo è importante, è segno di rispetto! Invece da noi questo approccio sarebbe visto come un’invasione dello spazio dell’altro, un confine da non superare. I maliani si interessano e condividono con l’altro tutto quello che hanno. Se a mezzogiorno, mentre stanno mangiando, arriva nella casa qualcuno che non ha pranzato, condividono l’unico piatto di riso senza problemi: le loro case sono sempre aperte all'altro. Se ci pensiamo le nostre abitazioni invece sono sempre chiuse e se qualcuno vuole entrarci deve avere un invito scritto o almeno un accordo verbale: non siamo pronti ad accogliere l’altro in qualsiasi momento, ma solo quando lo abbiamo stabilito, preferibilmente con largo anticipo.
Vi chiederete come funziona l’istruzione in Mali… Tanti bambini non hanno la possibilità di frequentare la scuola e sono per la strada a mendicare o a lavorare, e i bimbi che invece hanno la fortuna di poterla frequentare sono chiusi in piccole baracche di alluminio o in grandi classi con più di cento bambini per maestro. Eppure nonostante queste condizioni c’è chi continua a combattere per l’istruzione perché queste scuole, seppur in condizioni difficili, salvano dalla strada tanti bambini e gli offrono una speranza sul futuro.
E la sanità? Ci sono tanti giovani che sognano di diventare medici e di poter aiutare il loro popolo ma l’istruzione non li sostiene: l’università li forma solo in parte dandogli pochi strumenti per affrontare i diversi problemi e le tante malattie su cui devono intervenire. In Mali mancano tante cose eppure non manca la speranza e la voglia di imparare sul volto dei bambini, dei giovani, degli adulti! Finché questa luce non si spegnerà, nulla, nemmeno la guerra, può fermare completamente questo paese. Lo potrà mettere in difficoltà, lo potrà far vacillare ma finché esisteranno persone che ancora credono di poter cambiare la situazione, la speranza resterà accesa e permetterà al paese di crescere, di rinascere, di rifiorire, passo dopo passo.
Chiara