L'accesso più breve alla scuola, per noi, non era il principale: passavamo attraverso un arco cioè un buco in un muro di recinzione che comunicava con un grande spazio alle spalle degli edifici.
Appena venivamo avvistati dagli allievi-sentinella una marea di bambini ci correva incontro.
Le mani,volevano prenderci per mano, ne avevamo uno per dito, altri si dovevano accontentare di un nostro pezzo di maglietta.
Quasi non riuscivamo a camminare.
Ma con il passare dei giorni abbiamo trovato un passo comune.
Il nostro sorriso, il loro sorriso;
noi grandi, loro piccoli;
noi pochi, loro tanti;
noi bianchi, loro neri;
la nostra lingua, la loro lingua;
la nostra cultura, la loro cultura . . .
Non potevamo andare in fretta, perchè non eravamo soli, perchè ci dovevamo sorridere, perchè dovevamo essere" accompagnati", perchè i bambini dovevano fare cambio nello starci vicini…
Se chiudo gli occhi sento il terreno sotto i piedi, diverso come se un passo fosse un vero passo, sento le loro voci, sento il loro calore, vedo i loro sguardi…
Abbiamo tutti bisogno di guardare avanti con altri, di essere insieme, di sentirci voluti, accettati.
Condividere ciò con bambini che guardano fiduciosi alla vita e si affidano a te che vedi più lontano, è una sensazione meravigliosa.
Sono serena nell'essere tornata a casa ma ogni tanto chiudo gli occhi e . .
Silvia G.